giovedì 28 giugno 2012

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LUNEDÌ 25 GIUGNO 2012

Tiroide? Patologie autoimmuni? Depressione? Abbasso il glutine!

Il chinoa, cereale gustoso, ricco di proteine e senza glutine
Articolo di Lorenzo Acerra

NB: Il suo libro Il mal di glutine è liberamente scaricabile dalserver di mediafire


Leggi anche l'articolo sulla validità delle diete senza glutine


Sei anni fa ho avuto la fortuna di incontrare ad Avellino un ricercatore in pensione, il prof. Francesco Iaccarino, che mi ha parlato di studi suoi mai pubblicati secondo cui gli aumenti di glutinosità del frumento delle colture hanno portato ad un peggioramento qualitativo del contenuto di aminoacidi del glutine, la proteina che il frumento contiene (14%).
 
Il fatto che il glutine possa causare problemi di salute, posto in termini biochimici, deriva dal suo contenuto di un particolare frammento di questa proteina in cui gli aminoacidi prolina e glutenina sono ad una certa distanza tra di loro (molto vicine) per cui non riescono ad essere deamidate dall'enzima specifico (Arentz-Hansen 2000, Vader 2002, Sollid 2002). Detto in un linguaggio molto tecnico, l'apparato digestivo dei mammiferi non ha una capacità infinita di idrolizzare i legami ammidici quando sono adiacenti a residui di prolina. Questo non è un problema col riso, con l'orzo antico, con il grano saraceno, con il miglio, con l'amaranto e la quinoa, ma lo è col frumento.

Gli studi effettuati da Muller e Stadler (1927) dimostrarono che con il frumento, c'era la possibilità di sottrarre la semenza dall'esposizione radioattiva poco prima del danno irrimediabile, riuscendo ad ottenere materiale genetico "mutante". Questo fruttò a loro il premio Nobel (1946) e alla comunità agricola il passaggio finale di un progetto commerciale già esistente dall'inizio del secolo volto ad intensificare la glutinosità del frumento.
 
Il fallimento progressivo degli enzimi addetti a digerire la proteina del frumento crea una tempesta di detriti infiammatori che non è circoscritta solo a livello intestinale, ma innesca un fenomeno autoimmune a carico di vari apparati e organi.
 


Malattie da glutine? Vediamo quelle della tiroide che scompaiono quando si sospende il consumo di glutine. Ebbene si, le anomalie alla tiroide si normalizzavano con due mesi di dieta senza glutine secondo i seguenti ricercatori: Magazzu (1983), Collin (1994), Borg (1994), Batge (1998), Ventura (1999), Sategna-Guidetti (2001), Barera (2001), La Villa (2003), Jiskra (2003), Berti (2000), Kowalska (2000), Counsell (1994).
 
Valentino (1999) descrive una 23enne con diagnosi di ipotiroidismo dovuto a tiroidite di Hashimoto che coesiste con morbo di Addison e blocco ovarico. A distanza di tre mesi dalla sospensione del glutine fu registrato un notevole miglioramento clinico, la riduzione progressiva dei farmaci per la tiroide e per l'insufficienza surrenale.
 
Stimolato da ciò l'autore riesce a trovare altri cinque pazienti in cui la tiroidite autoimmune guariva sospendendo il glutine.

Se le tiroiditi autoimmuni sono resistenti al trattamento, tanto più bisogna sospettare una celiachia latente (Jiska 2003). d'Esteve-Bonetti (2002) riporta il caso di una 68enne con tiroidite resistente al trattamento farmacologico che è completamente asintomatica dal punto di vista intestinale ma che risulta positiva alla prova allergica al glutine, ovvero la presenza ematica di anticorpi celiaci antigliadina.

Secondo Konopka (1976) il consumo di glutine determinerebbe un'interferenza cronica a livello cellulare che pone sotto stress la tiroide (c'è una normalizzazione della capacità di buffer c-AMP dei tessuti della tiroide dopo 7 mesi di adozione di un regime senza glutine.)

La persona con problemi alla tiroide, e magari con altre malattie, che legge queste informazioni forse appartiene a quel 90% di celiaci in Italia, che si sa che non sono ancora stati trovati e diagnosticati. Infatti i celiaci riconosciuti in Italia sono solo 60.000, contro i 560.000 stimati da ricerche campione fatte su ampi gruppi rappresentativi della popolazione.

Oltre a queste 500.000 persone celiache che ne sono inconsapevoli e che faranno altri percorsi travagliati e inconcludenti messe di fronte a disturbi cronici, ci sono un 15% degli italiani, quindi 7-8 milioni di persone che non risulteranno mai positive al test celiaco ematico ma che hanno una grossa percentuale di anticorpi celiaci nelle feci. Queste persone notano che eliminando il glutine scompaiono mal di testa, scompare nervosismo, stanchezza, fibromialgia, dolori articolari.

Io ritengo che le malattie abbiano sempre più di una causa. Quindi uno deve continuare a cercare e magari agire su più fronti. Per esempio quello dei denti devitalizzati che fanno infezione di nascosto nell'osso. Ma comunque, perché no, facciamolo questo dossier super-approfondito sul glutine.

 Le conseguenze, per tutte queste persone con intolleranza al glutine non diagnosticata, sono di avere una vita strana, piena di farmaci, piccole difficoltà inspiegabili, problemi ricorrenti. Stiamo parlando di problemi che ogni volta prendono una forma diversa: difficoltà nervose, al cervello, dolori reumatici, ferro basso, problemi a carico del fegato dell'apparato riproduttivo, tumori, problemi alle ossa, insomma.. di tutto.

Una persona senza disturbi di salute cronici e senza celiachia che legga queste informazioni sceglierà di proseguire il proprio consumo di glutine in modo più rispettoso e prudente, scegliendosi le forme più leggere di glutine, ovvero orzo in chicchi, farro in chicchi e farine di farro, magari concedendosi 2-3 giorni a settimana senza glutine.

Di certo questo discorso che ora andiamo a fare mostra che quando un certo sistema enzimatico addetto alla digestione inizia ad incepparsi, segue una situazione di metaboliti infiammatori che finiscono per contribuire, con varie gradazioni di gravità, alle malattie più svariate.

Perché le prolamine del mais (zeina) non sono tossiche per il celiaco, l'avenina è solo debolmente tossica e la gliadina ha la massima tossicità? Recenti studi hanno messo in relazione i vari gradi di tossicità per il celiaco delle diverse prolammine con la crescente concentrazione, a partire dall'avena via via fino al frumento, di un particolare segmento (di cui è molto ricco la alfa-gliadina, molto molto meno l'avenina, la zeina non lo contiene affatto) in cui prolina e glutenina sono ad una certa distanza tra di loro (molto vicine) per cui non riescono ad essere deamidate dall'enzima specifico (Arentz-Hansen 2000, Vader 2002, Sollid 2002).

Le complesse glutamine del glutine si differenziano da ogni altra forma di cibo per la loro particolare composizione e perché il loro consumo determina un'aumentata attività enzimatica del pancreas (come se il suo smaltimento rappresentasse una sfida impegnativa, uno stress fisiologico (Ikegami 1975, Camus 1980, Rabsztyn 2001), seguita da una progressiva riduzione della funzione degli enzimi proteolitici (lisi delle proteine) e degli enzimi di degradazione dei peptidi (Carroccio 1997).

È così che matura la situazione in cui l'organismo non arriva più in fondo al suo lavoro e, invece di avere solo aminoacidi come prodotti finali della degradazione del glutine, ci sono anche frammenti indisciolti, i peptidi opioidi, ovvero lunghissime catene di aminoacidi non liberati. Chiameremo questa situazione "peptidìa".

Ad un certo punto dell'assedio glutinoso (la peptidìa può avere durata anche pluri-decennale prima di maturare in autoimmunità), si raggiunge la fase di iper-attivazione della transglutaminasi, un enzima presente sulla lamina propria di numerosi tessuti, programmato per rimanere tranquillo quanto più a lungo possibile. Controvoglia la transglutaminasi è chiamata ad iniziare un lavoro di smantellamento delle proteine glutinose: tutti gli altri principali avamposti di difesa sono rimasti sguarniti e la transglutaminasi rappresenta l'ultimissima linea di difesa per barricare il cromosoma dall'assedio glutinoso. Però questa situazione significa malattia o disturbo cronico di un organo.

Ci sono otto enzimi della famiglia delle transglutaminasi e a seconda di quale di essi sia coinvolto in primo piano ne derivano diverse patologie della famiglia delle reazioni di suscettibilità al glutine.
 
I reni anch'essi presentano un enzima transglutaminasi e infatti sono ben noti nella letteratura medica casi di nefropatia gravi resistenti a terapia che scomparivano con la sospensione del glutine.

Hanno parlato di artriti in remissione a seguito della sospensione del consumo di glutine Chakravarty (1992), Cottafava (1991), Pinals 1986), Carli (1995), Falcini (1999), Slot (2000), Young (1993), Tasanen (1997). Secondo Lubrano il 41% dei pazienti celiaci a dieta libera (con glutine) presentano sintomatologie di tipo artritico.

Pazienti con morbo di Sjogren ottenevano un sollievo immediato dalla malattia con l'adozione del regime senza glutine (Kaufmann 1998). Altri autori che hanno trattato questo tema sono Fracchia (2004), Iltanen (1999), Pittman (1965), Teppo (1984), Whitehead (1998).

Pazienti con lupus eritematoso sistemico hanno una risposta clinica molto favorevole alla sospensione del glutine secondo le osservazioni cliniche dei seguenti autori: Amoroso (2003), Boyer (1982), Casteneda (1985), Chase (1982), Chiurazzi (1987), Courtney (2004), Delbrel (2003), Feighery (2003), Houman (1997), Kobayashi (1989), Komatireddy (1995), Lee (2002), Marai (2004), Markusse (1998), Marteau (1990), Mercie (1999), Meulders (1992), Molina (1996), Monballyu (1985), M'Rad (1990), Murao (1994), Mukamel (1994), Pena (1987), Rensch (2001), Roberts (1988), Romano (1997), Rustgi (1988), Tsukahara (1980), Varkel (1989), Viallard (1998), Yazici (2002), Wood (1984), Zitouni (2004).

La tempesta di mediatori infiammatori (peptidi opioidi) causata dall'intolleranza subclinica al glutine è in grado di interferire con numerose secrezioni neuro-ormonali (Amoroso 1988). Ognuna di queste secrezioni è un messaggero altamente multi-funzionale.
 
Vediamo l'ormone della crescita. Modan-Moses [2003] riporta le osservazioni su 12 adolescenti maschi con ridotta crescita in altezza in cui il problema veniva superato con la sospensione del glutine. Nella celiachia infantile si registrano spesso ridotti livelli di ormone della crescita che si normalizzano con la sospensione del glutine (Malcom 1969, Leveque 1979, Bianchi 1980, Fanciulli 2001, Luciano 2002).
 
Tanto più lungo è il periodo in cui si eccede nel consumo di farine di frumento, tanto maggiore sarà la possibilità per le persone inconsapevolmente intolleranti di sviluppare una serie di danni.
 
Per esempio Kagnoff [1992] ricostruisce la storia celiaca di due gemelli: sono di bassa statura, il ché indica una crisi celiaca durante l'infanzia; in effetti all'età di 7 anni era stata loro diagnosticata anemia ferropenica. Però nessuno dei medici era veramente mai arrivato a consigliare di sospendere il glutine.
 
Questi due gemelli cadono in una crisi acuta di intolleranza al glutine solo all'età di 40 anni in quanto sviluppano sintomi intestinali. Sono questi due esempi di come la celiachia va e viene nel corso della vita, e nel periodo in cui rimane celata o almeno non riconosciuta nelle sue multiformi caratteristiche, il paziente ha una non buona qualità della vita dovuta proprio alla presenza del fattore glutine.

La precoce sospensione del consumo di glutine previene la progressione cronica di malattie autoimmuni e altri danni.

A rinnovare questo monito è stato Borg (1994): il regime senza glutine apporta un notevole sollievo in un paziente con monoartrite anche se, sottolinea l'autore, il fenomeno autoimmune alimentato dall'intolleranza al glutine ha lasciato irreversibili danni erosivi tipici della malattia cronica, evidenziabili sul legamento talo-navicolare.

Altri possibili danni apportati dal consumo di glutine nell'intollerante sono calcificazioni cerebrali, demineralizzazione ossea, disturbi del mestruo, alterazioni ormonali e della funzione fertile femminile.

È stato dimostrato che l'aumentato livello di peptidi opioidi causato dalla difficoltà dell'organismo di fronte al glutine può alterare i livelli cerebrali e le funzioni della serotonina interferendo con il locale enzima decarbossilasi. Pedersen (1999) ha trovato elevati livelli di un tripeptide glutinoso nelle urine del 60% dei pazienti autistici. Questo peptide stimola siti opioidi attivati dalla serotonina.

La serotonina è un neuro-trasmettitore altamente multi-funzionale di cui sappiamo che, se alterato a livello del tronco encefalico, determina uno stato di eccitazione nervosa e può essere coinvolto nel sonno disturbato o alterati input sensoriali, nella regolazione della temperatura e nel controllo dell'umore (Tortora 1990, "Principles of Anatomy and Physiology", 6th Ed., Harper & Row). Alterazioni della regolazione della serotonina sono state implicate nella patogenesi della depressione, tanto che il vendutissimo buon Prozac altro non è che un inibitore di un recettore della serotonina (DeMyer 1981).


========= Psicosi, depressione, etc.
 
Ansia e depressione, sintomi psichiatrici comuni in individui celiaci non diagnosticati, scompaiono dopo la rimozione del glutine (Fera 2003). Questi cambiamenti sono ascrivibili nei pazienti celiaci ai ridotti livelli di triptofano causati dal consumo di glutine (Hallert 1982, Hernanz 1991). Ridotti livelli di triptofano sono stati individuati nella patogenesi dei disturbi depressivi anche in studi che non prendevano in considerazione il ruolo della celiachia (DeMyer 1981). Riferisce Challacombe (1987): "In ragazzi con celiachia non diagnosticata, che hanno avuto tanto a lungo un'apparenza infelice, in pochi giorni di regime senza glutine migliorano tantissimo dal punto di vista dell'umore. Questo miglioramento dell'umore può essere cancellato altrettanto rapidamente introducendo di nuovo il glutine nella loro alimentazione".
 
La dieta senza glutine può correggere fino ad eliminare sintomi psichiatrici: la risoluzione di depressione o disturbi dell'umore in intolleranti al glutine è riportata da Pellegrino (1995), Babbini (2001), Potocki (2002), Serratrice (2002), Pynnonen (2004). Rubinstein (1982) riporta una grave sindrome mentale di natura organica che regredisce completamente con il regime senza glutine che un paziente adotta a seguito della diagnosi di celiachia.
 
Vlissides (1986) descrive due pazienti che soffrono di disturbi psicotici. Durante il ricovero in un centro specializzato iniziano un regime senza glutine che porta alla remissione della patologia, mentre in un successivo periodo di reintroduzione del glutine hanno una ricaduta. Lo studio fu replicato da Singh e Kay (1976) che confermarono queste osservazioni sul glutine andando ad applicare il regime senza glutine in alcuni pazienti di una clinica psichiatrica.
 
De Santis (1997) riporta che la dieta senza glutine porta alla scomparsa di tutti i sintomi psichiatrici e la scomparsa di un'area di ipoperfusione precedentemente registrata sulla parte sinistra frontale della testa in un 33enne con una diagnosi pre-esistente di "disturbo schizofrenico".

In ultimo, ma non certo per ordine di importanza, bisogna considerare anche che nel lunghissimo termine parte dei frammenti opioidi del glutine finiscono per raccogliersi cumulativamente negli organi bersaglio. I peptidi opioidi si possono accumulare nel fluido cerebrospinale di pazienti con elevati livelli urinari di peptidi opioidi derivanti da glutine e caseina [Gillberg 1988]. Studi di follow up su bambini autistici hanno mostrato forti miglioramenti se questi pazienti venivano trattati con diete senza glutine e caseina [Reichelt 1981, Reichelt 1990]. Anche la gliadina è stata riscontrata nel fluido cerebrospinale di pazienti con paralisi e problemi neurologici, che andavano in remissione con la sospensione del glutine [Chinnery 1997].

In un seminario tenuto dal professore emerito Ilya Arshavskii per la ricorrenza del suo 80esimo compleanno, lo scienziato fisiologo russo spiegò alla platea dell'Anohin Institute of Normal Physiology di Mosca gli studi della sua vita: la normale funzionalità protettiva del feto viene degradata da un aumento di acidità dell'ambiente materno. Di conseguenza la placenta si lascia attraversare da sostanze ad alto peso molecolare. È noto che solo sostanze proteiche al di sotto del peso molecolare di 12.000 hanno normalmente la possibilità di passare. Il resto vengono tenute fuori dalla placenta.
 
Ma quando c'è un aumento di acidità dell'ambiente interno, proteine della madre precedentemente bloccate e composti ad elevato peso molecolare dall'industria chimica penetrano nel feto. Questo meccanismo ci dovrebbe ricordare che l'organo di un corpo acidificato è più suscettibile alla penetrazione di sostanze tossiche di quello di un corpo non acidificato.
 
Quindi al discorso del glutine bisogna aggiungere anche quello di un'alimentazione semplice che evita zucchero bianco elatticini a mio avviso.

lunedì 18 giugno 2012

La libertà


"La libertà"   
Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Vorrei essere libero come un uomo.

Come un uomo appena nato che ha di fronte solamente la natura
e cammina dentro un bosco con la gioia di inseguire un’avventura,
sempre libero e vitale, fa l’amore come fosse un animale,
incosciente come un uomo compiaciuto della propria libertà.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.

Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come un uomo che ha bisogno di spaziare con la propria fantasia
e che trova questo spazio solamente nella sua democrazia,
che ha il diritto di votare e che passa la sua vita a delegare
e nel farsi comandare ha trovato la sua nuova libertà.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche avere un’opinione,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.

Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come l’uomo più evoluto che si innalza con la propria intelligenza
e che sfida la natura con la forza incontrastata della scienza,
con addosso l’entusiasmo di spaziare senza limiti nel cosmo
e convinto che la forza del pensiero sia la sola libertà.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche un gesto o un’invenzione,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.


Agli amici...tutti....

domenica 17 giugno 2012

zia anna scrive...


Deodoranti e cancro al seno...




Sali di alluminio, alluminio cloridrato e tutta una serie di sostanze contenute nei deodoranti e non solo (...bagno schiuma,detergenti,profumi, profumi per interni e chi più ne ha più ne metta) SONO RISULTATI ESSERE CANCEROGENI.


Vi invio una pubblicazione illuminante su deodoranti e cancro al seno.


Quello che trovo sconcertante è che gesti quotidiani come il lavarsi e l'usare i deodoranti nascondano insidie ben precise; ma ciò che ancor più allarmante è che non esiste un'adeguata informazione su tali rischi, il mercato potrebbe subirne logiche conseguenze. Quale donna, sapendo tutto questo, continuerebbe ad utilizzare deodoranti all'Alluminio o a farsi il bagno con detergenti pieni di parabeni?
Infatti, le statistiche parlano di un netto incremento nella commercializzazione di prodotti sullo stile erboristico e affini...parlo di stile in quanto tanti, anche in questo campo, sono i surrogati nonchè le imitazioni, sulla scia della tendenza in atto.
Comunque, attenzione, perchè anche i prodotti erboristici contengono queste sostanze...infatti diciamo che tali elementi sono alla base della maggiore efficacia dei prodotti in questione.


Sia chiaro che questo non è un invito al boicottaggio, ma alla riflessione oltre che alla lettura sistematica delle etichette, sempre nella speranza che tutto venga riportato come di legge.
Poi, ognuno è libero di decidere cosa fare...io ho comprato gli ingredienti per fare il "deodorante fai da te"...poi vi dico.

Stefano dice sempre che "L'omo pe' esse' omo a da puzza'" .... ma a questo punto oserei dire anche la donna per "essere" (rimanere in vita) donna deve preferire il greve profumo del proprio sudore.

Qualcun'altro ha giustamente detto: "Meglio essere puzzolenti che malati."


Cosmetovigilanza
Lidia Sautebin, Università Federico II di Napoli

Corso di aggiornamento
Deodoranti e cancro al seno
Loredana Gambardella e Lidia Sautebin, Dipartimento di Farmacologia Sperimentale, Facoltà di Farmacia, Università di Napoli Federico II
Secondo uno studio condotto dall’Università di Reading (Regno Unito) e pubblicato nel gennaio 2004 sul Journal of Applied Toxicology (Darbre P.D. et al.), alcune sostanze chimiche contenute nei deodoranti, come ad esempio i “Parabeni”, potrebbero favorire l’insorgenza di tumori al seno.
parabeni sono esteri dell’acido para-idrossi benzoico e vengono impiegati per la conservazione dei prodotti cosmetici (Elder et al., 1984). Rappresentano, in particolare, le sostanze maggiormente presenti nei prodotti per l’igiene del corpo in quanto sono considerati tra i più efficaci agenti antimicrobici, attività che aumenta all’aumentare della lunghezza della loro catena esterea (Murrel et al., 1950). Il loro ampio utilizzo, inoltre, è dovuto al fatto che sono considerati, ormai da anni, composti innocui, ben tollerati dalla pelle e soprattutto attivi a basse concentrazioni (< 1%) (Elder et al. 1984).
L’allarme sulla loro potenziale pericolosità è stato diffuso in quanto i risultati dello studio condotto dall’Università di Reading hanno evidenziato che dei 20 campioni prelevati da donne con tumore al seno ed esaminati, ben 18 presentavano elevate tracce di parabeni, in particolare metilparabeni. Inoltre in quattro dei venti campioni la concentrazione totale di parabeni era di circa due volte superiore ai valori medi ritrovati nelle venti pazienti. Il loro potere cancerogeno deriva, come affermato da questo studio, dalla capacità dei parabeni di comportarsi come gli estrogeni (Routledge et al., 1998, Byford et al., 2002; Darbre et al., 2002, 2003), ormoni che le donne producono naturalmente dalla pubertà alla menopausa e che, assunti in grande quantità, potrebbero facilitare la proliferazione delle cellule tumorali. In particolare i parabeni oltre che legarsi ai recettori degli estrogeni sono anche in grado di regolare l’espressione dei geni (es. pS2) che mediano l’attività estrogenica (Byford et al., 2002).
Il possibile legame tra l’utilizzo dei deodoranti e l’insorgenza di cancro al seno sembrerebbe, inoltre, riconducibile al fatto che i parabeni ritrovati nei campioni esaminati si presentano in forma esterea e non sotto forma di metaboliti, indicando che la loro penetrazione nell’organismo non è avvenuta per assunzione orale (Darbre et al., 2003, 2004). Inoltre poichè uno dei modi utilizzati dall’organismo per eliminare i prodotti tossici è la “traspirazione”, i deodoranti impedendo, in parte questo fenomeno ridurrebbero l’eliminazione delle tossine attraverso le ascelle. Ciò provocherebbe, con il tempo, un loro accumulo a livello delle ghiandole linfatiche presenti sotto il braccio e quindi un primo passo verso la formazione di cellule cancerose (Darbre et al., 2003). Tutto ciò è anche confermato da osservazioni cliniche, pubblicate nell’arco di 10 anni, che mostrano che la maggior parte dei tumori si sviluppa a livello del margine superiore esterno del seno, cioè in corrispondenza della zona in cui viene maggiormente applicato il deodorante (Haagensen et al., 1971).
Anche se la maggior parte degli studi hanno evidenziato che i parabeni non sono mutageni (Elder et al., 1984), alcuni hanno dimostrato, invece, che essi possono provocare alterazioni cromosomiche (Ishidate et al., 1978) ed in particolare è stato osservato che la somministrazione sottocutanea di metilparabeni è causa dell’insorgenza di adenocarcinomi mammari nei ratti (Mason et al., 1971).
E’ stato mostrato, inoltre, che i parabeni sono anche in grado di distruggere la funzionalità cellulare mediante l’inibizione della secrezione di enzimi lisosomiali (Bairati et al., 1994).
Altri studi hanno, inoltre, evidenziato che la maggior parte del deodorante applicato rimane intrappolato nei peli ascellari. Questo suggerisce, dunque, che i deodoranti non dovrebbero mai essere utilizzati subito dopo la depilazione in quanto i parabeni potrebbero facilmente penetrare nel corpo attraverso microscopiche lesioni originatesi dalla rasatura (Darbre et al., 2003).
Comunque, in realtà il legame diretto tra parabeni e cancro è ancora solo un’ipotesi che dovrebbe essere confermata da studi epidemiologici a lungo termine e soprattutto condotti su un maggior numero di campioni. Occorre anche dimostrare la presenza di basse concentrazioni di parabeni nelle donne che non usano deodoranti o la presenza di questi composti anche nei tessuti di seno sano (Darbre et al., 2004). Se, infatti, si trovassero analoghi livelli di parabeni anche nei tessuti sani di donne che usano regolarmente i deodoranti sarebbe possibile escludere un legame tra l’insorgenza del cancro e l’uso di questi prodotti. Bisogna, però, anche sottolineare il fatto che ritrovare tracce di essi nei tessuti tumorali non avrebbe, comunque, alcun significato se i livelli raggiunti non risultassero essere sufficienti ad indurre conseguenze biologiche.
Sono stati, inoltre, sollevati dei dubbi sul processo di assorbimento “diretto” dei parabeni attraverso la pelle in quanto l’epidermide è in grado di metabolizzare, almeno in parte, le sostanze con cui viene a contatto, motivo per cui qualsiasi loro traccia, penetrata nella cute, dovrebbe essere degradata dalle cellule epidermiche in sostanze innocue (Darbre et al., 2003). Alcuni studi condotti successivamente su animali hanno, però, dimostrato che i parabeni possono essere rapidamente assorbiti attraverso la pelle (Whitworth et al., 1973; Fischmeister et al., 1975; Komatsu et al., 1979) a causa della presenza nei deodoranti di sostanze che facilitano la penetrazione del prodotto nell’organismo (Kitagawa et al., 1997) e anche perché nella pelle e nei tessuti adiposi sottocutanei sono presenti sostanze, in particolare carbossilesterasi, che favoriscono l’idrolisi dei parabeni ad acido p-idrossibenzoico che viene più facilmente assorbito (Lobemeier et al., 1996; Bando et al., 1997). Essi, inoltre, vengono rapidamente assorbiti anche dal tratto gastrointestinale, idrolizzati ad acido p-idrossibenzoico, coniugati ed infine rapidamente escreti con l’urina (Jones et al., 1957; Heim et al., 1957; Tsukamoto et al., 1960, 1962, 1964; Derache et al., 1963; Philips et al. ,1978; Kiwadw et al., 1979).
Oltre ai parabeni altri due composti, presenti nella maggior parte dei deodoranti sono ritenuti responsabili di causare alcuni problemi per la salute (morbo di Alzheimer, cancro al seno, granulomi e patologie del SNC): l’alluminio e lo zirconio (Laden et al, 1988; Exley et al., 1998). Ciò sembra essere collegato al fatto che questi composti sono normalmente presenti in elevate concentrazioni nei prodotti per l’igiene del corpo, in effetti:
  • il cloridrato di alluminio è permesso a concentrazioni fino al 25% (Flick et al., 1989);
  • il cloruro di alluminio fino al 15% (Flick et al., 1989);
  • il cloridrato di alluminio-zirconio fino al 20% (Flick et al., 1989);
In particolare è stato osservato che alcuni sali, quali il cloruro ed il cloridrato di alluminio o i sali di zirconio (zirconio idrati) sono in grado di ostruire i canali sudoripari ed inibire, quindi, il normale processo di traspirazione (Darbre et al., 2003). Inoltre, a causa delle loro piccole dimensioni questi composti vengono facilmente assorbiti e potrebbero, con il tempo, accumularsi nell’organismo, attaccare e danneggiare il DNA e la sua capacità di autoripararsi. In particolare essi sono in grado di indurre alterazioni dei geni BRCA-1 e BRCA-2 che sono responsabili della riparazione del DNA, cioè agiscono come geni “tumour-suppressor” (Hilakivi-Clarke et al., 2002). L’azione cancerogena è supportata anche dalla capacità di questi composti di interferire con i processi che regolano la crescita cellulare; in particolare è stato osservato che l’alluminio è anche in grado di modulare la topologia del DNA inducendo cambiamenti nelle triplette CCG-12 (Latha et al., 2002).
Nel 2003 un altro studio ha ipotizzato possibili meccanismi responsabili dell’insorgenza di cancro al seno (Darbre et al., 2003). E’ possibile, infatti, che essi agiscano non solo bloccando i condotti del sudore ma anche rendendo impraticabili i condotti adiacenti al seno, dando così luogo alla formazione di cisti. La carcinogenesi del seno può, inoltre, essere il risultato di una combinazione di costituenti chimici presenti negli antitraspiranti (fitoestrogeni, xenoestrogeni, estrogeni fisiologici o farmacologici) che prima danneggiano le cellule e poi ne promuovono la proliferazione. Tutto questo ha come conseguenza l’insorgenza di tumore benigno o maligno al seno.Occore, però, anche ricordare che nel 2002 è stato pubblicato uno studio epidemiologico (Mirick et al., 2002) che non ha riscontrato alcuna associazione tra l’utilizzo dei deodoranti e la comparsa di cancro al seno.
Occorre, però, anche ricordare che nel 2002 è stato pubblicato uno studio epidemiologico (Mirick et al., 2002) che non ha riscontrato alcuna associazione tra l’utilizzo dei deodoranti e la comparsa di cancro al seno.
Infine è importante sottolineare che nonostante le sostanze contenute nei deodoranti rispondano alle linee guida sulla sicurezza dei farmaci (Laden et al., 1988) esse non presentano sul contenitore indicazioni riguardo alla quantità da utilizzare o alla frequenza delle applicazioni, come invece accade per i prodotti farmaceutici. Questo fa si che si pensi, erroneamente, che tali prodotti possano essere usati in quantità illimitate e ad elevata frequenza senza invece neppure lontanamente immaginare che un prodotto che all’apparenza sembra cosi’ innocuo potrebbe essere dannoso per la salute. Sarebbe, quindi, opportuna una valutazione retrospettiva sugli effetti a lungo termine dei deodoranti sulla popolazione.
Un altro aspetto importante da considerare è rappresentato dalla regolamentazione in Australia dei prodotti contenenti i parabeni, in quanto l’Australia possiede uno dei più restrittivi sistemi regolatori al mondo riguardo ai prodotti cosmetici, tra cui i deodoranti (Australian Government, Department of Health and Ageing). In particolare il programma regolatorio in materia di cosmetici è il “National Industrial Chemicals Notification and Assessment Scheme" (NICNAS) che è un sistema elaborato nel 1989 che si occupa:
  • del controllo dell’introduzione in commercio dei prodotti chimici (es. tinture, solventi, plastica, ecc);
  • della divulgazione nei luoghi di lavoro della pericolosità dei prodotti chimici;
L’obiettivo del NICNAS è dunque, quello di offrire tutte le informazioni su questi prodotti in modo da proteggere gli operatori del settore, il pubblico e l’ambiente dai loro effetti nocivi. In particolare, per garantire l’utilizzo di prodotti efficaci, ma soprattutto sicuri, in Australia sono stati stabiliti, mediante la Legge sulle Pratiche Commerciali del 1974, alcuni requisiti obbligatori per quanto riguarda l’etichettatura dei prodotti cosmetici. Secondo tale provvedimento è obbligatorio riportare sull’etichetta l’elenco degli ingredienti del prodotto in ordine decrescente di peso o di volume, in modo da facilitare, così, l’identificazione da parte dei consumatori degli ingredienti ai quali possono essere allergici o che possono provocare l’insorgenza di reazioni avverse. Le etichette devono anche riportare, quando è possibile, i pericoli specifici provocati dai vari ingredienti o da loro combinazioni. E’ in particolare obbligatorio riportate tali pericoli quando il componente chimico utilizzato è presente nel ”Standard for the Uniform Scheduling of Drugs and Poisons” (SUSDP), elenco di sostanze ritenute dal governo Australiano pericolose per la salute, come ad esempio i parabeni (Australian Government, Department of Health and Ageing).
BIBLIOGRAFIA
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Cosmetovigilanza - Corso di aggiornamento


martedì 5 giugno 2012


C’è una foto  a cui tengo molto; è una foto di vecchia data che ritrae mamma e Stefano. Fu scattata da papà in un pomeriggio di fine luglio del 1976 a Vulcano, più precisamente a Capogrillo, un punto molto panoramico da cui è possibile in giornate molto chiare, vedere tutte le isole Eolie stendersi ai propri piedi.
Mamma è seduta su un masso, in posa elegante come era suo modo, un raggio di sole la illumina in parte e  dietro di lei c’è Stefano, otto anni, che le tiene la mano che lei ha appoggiato sulla sua spalla. Insieme guardano l’orizzonte davanti loro. E’ una bellissima foto che ha il potere di farmi tornare indietro a quei tempi, di farmi sentire di nuovo quel calore che ora non sento più; parte della mia famiglia, della mia storia che ora non sono più con me, ma so comunque insieme.  Stefano e mamma, la nostra meravigliosa mamma, dolce, comprensiva ma ferma quando era necessario, sempre aperta al  dialogo anche (soprattutto) con noi figli, amica, la mia più cara amica. E’ stata per tutti e due una guida fantastica nell’accompagnarci alla vita. Stefano è la persona che tutti conoscete grazie a lei e alle cose che ci diceva.  
Nella compostezza e dignità che Stefano ha avuto nell’affrontare la sua malattia ho rivisto mamma. Anche lei, come lui si era esposta in prima persona; nessun intermediario tre lei e i medici, anche lei non voleva nessuna pietà  e compatimento dagli altri. Una grande compostezza e dignità fino all’ultimo. E’ stata lei che ci ha fatto sapere che la morte non è fine ma inizio, e probabilmente anche questo ha aiutato Stefano nel suo percorso.
Questo è il blog di Stefano ma mi è sembrato giusto dedicare due righe anche a chi l’ha messo al mondo, cresciuto e reso la persona che tutti voi avete conosciuto e amato.
E Stefano sono sicura, lo apprezzerà.
Voglio dirvi solo un’ultima cosa:
Non abbiate paura della morte e non piangete per chi non c’è più. La vera vita è dall’altra parte, una vita vera, piena e molto più consapevole di quella che stiamo vivendo. Chi è già andato, non s’è andato veramente; aprite il vostro cuore, la mente, e li potrete ancora sentire. Sono sempre accanto a voi, e sono felici, ricordatevelo. E un giorno saremo di nuovo insieme a chi ora non c’è più.
Un abbraccio a tutti

Marina e papà (che ha voluto che venisse pubblicata questa foto)



"Mamma, se tu piangi e ti disperi pensando che papà non è più con noi, lo tradisci..."
Sara Marcella Pirani

Infondo l'idea di continuare il blog, per onor del vero, è di Sara e della forza che ha ereditato da suo padre.
Antonella


venerdì 1 giugno 2012

E così abbiamo fatto il pane...

"Ingerendo zucchero o farine bianche, che fanno salire rapidamente il tasso di glucosio nel sangue e per questo vengono definiti ad -alto indice glicemico-, l'organismo libera subito una dose di insulina che permette al glucosio di penetrare nelle cellule. Alla secrezione di insulina si accompagna il rilascio di un'altra molecola detta IGF (Insulin -like Growth factor I) che ha la proprietà di stimolare la crescita cellulare. In parole povere lo zucchero nutre e fa crescere in fretta i tessuti. Parallelamente, insulina e IGF hanno in comune l'effetto di dare una sferzata ai fattori d'infiammazione, i quali a loro volta fungono da fertilizzanti per i tumori. Oggi sappiamo anche che i picchi di insulina e la secrezione di IGF stimolano direttamente non solo la cerscita delle cellule tumorali, ma anche la loro capacità di invadere tessuti vicini..."


David Servan Schreiber, dal testo "Anticancro" . un nuovo modo di vivere


E così abbiamo fatto il pane integrale...


Sapevo che la nostra vicina di casa che viene dall'Oregon,  fa il pane in casa e così una domenica mattina siamo saliti al famoso "quarto piano", quello che Marco definisce il piano di Alex (il suo amichetto) per apprendere l'arte...

Tra un tè verde ed una chiacchiera le mani lavorano, impastano, colpiscono, picchiettano, perchè - dice lei -, alla massa puoi far tutto e "ti perdona" ... 
Quanto possano aver dato giù duro Sara, Marco, Alex e Caterina ... i nostri bimbi e quanto si siano applicati nella fase dell'impasto, è facilmente immaginabile .

Momenti di gioia, momenti per noi stessi ... fermarsi a gustare, dopo la fatica, ciò che abbiamo creato.

E la mattina dopo, ho infornato il pane...
il profumo ha inondato la casa.

Il pane integrale
Fare il pane in casa è molto semplice. Tutto sta a superare lo scoglio del  "non ho tempo". 


Questo è tempo guadagnato, aiuta a migliorare il nostro stato psico - fisico...

La farina deve essere ovviamente integrale (vedi citazione da David Servan Schreiber); è necessario che provenga da agricoltura biologica poichè contiene tutte le varie parti del grano, anche il tegumento che è quello maggiormente interessato dai pesticidi, e quindi paradossalmente il suo uso potrebbe nuocere più che giovare.
FARINA INTEGRALE BIOLOGICA



Per insaporire il pane si possono mescolare anche due tipologie di farine (farina di grano tenero integrale e farina di kamut per esempio), aromatizzare con un cucchiaino di miele nell'impasto, con semi di sesamo sulla scorza, insomma ci si può sbizzarrire ...


La cosa fondamentale da capire è che si deve procedere con un serio tentativo di invertire la rotta che la nostra alimentazione quotidiana occidentale ha intrapreso.
Il nostro genoma non è stato strutturato per il tipo di alimentazione che oggi come oggi ci viene propinata ed alla quale "purtroppo" per una serie di motivi ci siamo abituati.


Provare a cambiare si può...cominciando ad abituare noi e i nostri bambini al cibo integrale biologico, per esempio.
In primis, resistendo all'agguato delle merendine trabordanti di grassi idrogenati.


Chiedete a Sara quanto mi detesta, magari scroccherà dai compagni a scuola (mega consumatori di cioccolate e patatine fritte), ma non sarà mai come averle a portata di mano ... non le avrà mai da me. RESISTETE, RESISTETE GENITORI, RESISTETE.
ATTENTI AI NONNI, FAREBBERO QUALSIASI COSA PER ACCATTIVARSI I NIPOTI!!!!

E poichè era avanzata la farina,  abbiamo fatto anche le orecchiette... 

Flashback alquanto inaspettato, mi sono ritornati in mente quegli antichi gesti che la nonna mi aveva insegnato quando avevo 8 anni...




http://www.unesco.it/cni/index.php/archivio-news/174-la-dieta-mediterranea-e-patrimonio-immateriale-dellumanita