Era una sera di maggio. Squilla il telefono: Stefano. Come al solito mi telefonava verso le 22 per sentire le novità della giornata, per fare una chiacchiera, per lamentarsi della angosciante quotidianità "milanese"...ma quella sera non fu come le altre. Stefano mi chiamò in lacrime...sentivo la sua voce tentennare. Mi disse : "Totina (così mi chiamava) voglio tornare a casa...". Li per lì pensai: "basta, Stefano non può più vivere da solo a Milano. O torna per sempre lui quaggiù o andiamo noi a vivere da lui su...così non se ne può più." Ovviamente certe parole le tenni per me; ebbi solo il coraggio di dire: "DAI...CHE TRA QUALCHE GIORNO SEI QUI. TI ASPETTIAMO."
Fu così che tornò in Puglia per annunciare che forse aveva il CANCRO...aspettava l'esito della biopsia. Aspettammo più di 30 giorni, perchè telefonicamente non potevano comunicare nessun esito...poi il medico refertatore, l'unico autorizzato, pensò bene di andarsene ad un congresso all'estero..insomma....
SEI SU UNA STRADA, CORRI A 180 KM ALL'ORA, VORRESTI RALLENTARE MA NON PUOI...NON SAI, NON SAI SE TI SCHIANTERAI OPPURE NO. NON DIPENDE DA TE...LA BRAVURA STA NEL GUIDARE CON SCALTREZZA PER EVITARE GLI OSTACOLI. BASTA UN NIENTE E..........COSI' FU. LO SCHIANTO FU INDESCRIVIBILE. IO SONO MORTA QUELLA SERA DI GIUGNO, STEFANO, IL MIO STEFANO, IL PAPA' DI SARA E DI MARCO, ERA MALATO DI UN FOTTUTISSIMO, STRAMALEDETTO, TUMORE OROFARINGEO DEL CAZZO.
Quello che si prova in queste situazioni, nonostante la "umana" sottilissima invidia che provo per chi non c'è passato, io non lo auguro neanche al mio peggior nemico...anche perchè non penso di averne, per fortuna loro.
Quello che si prova è lo sventramento della propria anima...ti strappano senza pietà il cuore dal petto e sei costretto pure a rimanere in vita...strazio, strazio. Impotenza...essere inutili e nulla potere contro la morte.
Un tornado, un temporale impetuoso senza riparo, la corsa zigzagante di un coniglio inseguito da una lince, i frenetici ultimi spostamenti di un'arvicola avvistata da un'aquila reale...era la fine
Quella sera ho pianto, tanto..tantissimo.Ho continuato a ripetere a lungo ed ad alta voce: "Non voglio, non voglio..."
Stefano me lo ha lasciato fare, ma stranamente lui non ha versato una lacrima. Come al solito era sempre un passo avanti a me... a tutti, come Sara. Lui aveva già deciso che VOLEVA COMBATTERE.
Mi disse di piangere e di sfogarmi quanto volevo, quanto più potevo perchè dal giorno dopo non avrei più avuto modo di farlo. Eh si, dal giorno dopo signori e signori, non potevamo più permetterci di essere tristi e disperarci.
Dal giorno dopo, signori ....COMINCIAVA LA GUERRA.
Io ... io, l'ho seguito. Forse per questo ( lo spero ) si sentiva meno SOLO. Forse in questo, c'è stata condivisione.
Quando si incontra la malattia, NON BISOGNA COMPATIRE (o compatirsi), MA CONDIVIDERE. CREDETEMI, NON E' FACILE ASSOLUTAMENTE; tanta gente molla prima, non sono stati rari i casi di divorzio o di separazione al sopraggiungere della malattia di uno dei due elementi di una coppia, o di una persona cara o di un parente prossimo.
Spessissimo si FUGGE.
Lo stesso malato fugge non accettando il suo stato o lasciandosi morire, trovando in questo comunque una via di fuga. Credetemi: è umano. Ma non è il giusto da farsi.
Colui che nella coppia non è il malato, vive in egual modo la malattia pur non essendo malato...non tutti accettano questa contorsione che ha la sua unica e sola spiegazione nell'Amore che si prova per l'altro, che può essere il compagno, o il genitore o un amico...
NON COMPATITE I VOSTRI MALATI MA AMATELI CONDIVIDENDONE LA MALATTIA...SOLO COSI' HANNO UNA CHANCE DI GUARIGIONE. FORNITE VITA A CHI PENSA DI NON ESSERE PIU' PADRONE DELLA PROPRIA.
Stefano diceva quello che dovevo fare ed io ero il suo braccio, e lui la mia mente, ed insieme eravamo ancora, ...siamo ancora una grande cuore.
Si programmavano giorno per giorno i piccoli passi di "sopravvivenza quotidiana", tra mille abominevoli dolori, tra mille fatiche di roccamboleschi salti mortali per condurre bimbi e lavoro e tutto il resto...in avanti, sempre avanti.
Eravamo al galoppo, su distese sterminate...e fino a quando si correva, il vento tra i capelli ci suggeriva ancora vita.
Fuggivamo dalla morte...anche se la "str....", trovava sempre il modo di aggirare l'ostacolo e di aspettarci al varco.
Ma voi lo sapete che i cavalli...saltano gli ostacoli!!!!
E così siamo andati avanti fino a che abbiamo potuto...vivendo, VIVENDO.
E' vero che non sono mancati momenti di non lucidità di Stefano; per questo è stato combinato anche qualche guaio, ma io mi sono sempre fidata di lui...è stato lui a darmi coraggio fino alla fine. Io non mi sono sentita mai sola, lui era con me.
...e continua a darmi coraggio.
NEGLI OSPEDALI I MALATI SONO "NUMERI"...ma questo è argomento del prossimo post